Una volta i programmatori, almeno quelli che piacevano a me, erano eroi solitari, che sviluppavano un videogame da soli.
Ricordo Andrew Challis e il suo “Into the Eagle’s Nest”: chissà se so ancora come si gioca.
Questi idoli di quando ero un ragazzino, li conoscevo solo io e pochi altri, magari i più noti come Sid Meier sono più ricordati.
Giocare a questi arcade semplici mi incuriosì fin dall’inizio e in me crebbe la voglia di fare videogame: di essere un eroe.
Imparai così migliaia di nozioni oggi inutili su come disegnare Sprites senza editor alcuno: quaderni a quadretti e bit.
Scrissi perfino un editor di sprite, nemmeno banale.
L’informatica però mutò presto in un processo industriale che ho sempre reputato molto simile a quello del cinema.
Il mondo dei videogiochi fu quello più influenzato e presto per fare un gioco iniziarono a crearsi team imponenti.
Era finito il tempo degli eroi.
Oggi in un mondo sempre più connesso e più complesso perfino un piccolo Saas conta di un team abbastanza numeroso.
La presenza di alcune figure “Full Stack” non vi tragga in inganno: i software non si fanno più con una persona che suda da sola dietro alla tastiera.
Questo eroe può forse realizzare da solo un MVP, una idea abbozzata, anche trovare fondi grazie ad essa, ma per realizzarla davvero servirà un team.
Un team che comprenderà tutte le figure dell’IT, prodotto, marketing, management, comunicazione etc.
Tutte fondamentali.
Quindi a che serve oggi l’eroe di un tempo? A gettare un seme, mostrare la prima timida foglia, insieme ad altri farne un giardino.
Ed oggi che sono molto più maturo, che sono invecchiato e ho visto l’informatica farsi grande, trovo tutto questo meraviglioso.
Perché è vero che gli eroi sono solitari, ma le grandi cose si fanno insieme e sono cose davvero incredibili.
Gettate un seme.