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Asimov aveva ragione: ecco come le sue Tre Leggi stanno guidando l’Intelligenza Artificiale

Ho recentemente letto un post su LinkedIn di Michele Laurelli che iniziava così:

«Le pressioni evolutive che plasmano lo sviluppo dell’AI rivelano pattern sorprendentemente simili alle leggi della robotica di Asimov.»

Queste parole mi hanno solleticato l’immaginazione. Da appassionato sia di Intelligenza Artificiale che di fantascienza, l’idea che i nostri moderni algoritmi stiano – in un certo senso – rivivendo le stesse dinamiche delle Tre Leggi della Robotica di Isaac Asimov è affascinante e ricca di spunti ironici. Asimov formulò le sue leggi come principi etici inderogabili per proteggere gli esseri umani e garantire un comportamento sicuro dei robot. Oggi, osservando gli sviluppi recentissimi dell’AI, sembra quasi di veder emergere parallelismi inaspettati con quei dettami fantascientifici.

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Pareidolia

Pareidolia Artificiale: stiamo vedendo intelligenza dove non c’è?

Volti nelle nuvole, menti nei chatbot

Il professor Luciano Floridi ha recentemente avvertito che definire un’AI “intelligente” o “cosciente” potrebbe essere solo un caso di pareidolia semantica, un’illusione naturale della nostra mente. In psicologia, la pareidolia è quel fenomeno per cui vediamo volti familiari in stimoli casuali: il classico viso sulla luna, animaletti nelle nuvole, un volto nel toast… e, dice Floridi, persino una parvenza di coscienza nei modelli statistici. In altre parole, quando interagiamo con un modello linguistico avanzato, rischiamo di comportarci come chi scambia un mucchio di pixel per un amico: la nostra mente, campionessa di pattern recognition, tende a proiettare significato e intenzione anche dove c’è solo output generato da algoritmi.

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