I social sono una macchina straordinaria: uno spammer inventa un bot automatico che invia mail di richiesta rimozione dei propri dati ai colpevoli possessori di Google Analytics e scatena il panico.
Subito i guru sostengono che la cosa va presa seriamente: incensano lo spammer come “attivista dei diritti della privacy” e fioccano articoli, pareri di esperti, interviste e eventi a tema.
Lo spammer ne acquista in notorietà e si sente un nobile paladino di altri tempi.
Ma non è di questa allucinazione collettiva che voglio parlare: se ne è parlato troppo, fino allo sfinimento.
Voglio far invece notare che nell’uomo bicentenario, di Asimov il simpatico Andrew Martin, uno dei primi prototipi di robot positronico (modello NDR-114, da cui il nome “Andrew”), deve fare una lotta giuridica estenuante e perfino rinunciare alla propria immortalità per vedersi riconosciuto lo stato di persona ed essere tutelato dalla GDPR.
A saperlo prima avrebbe potuto semplicemente inviare un po’ di mail a degli sfortunati utenti Google e al garante: trovandosi improvvisamente, lui, un semplice bot ben lontano dall’avere lo status di persona ed un cervello positronico, trattato con il massimo riguardo e tutti i diritti di un essere umano di fronte alla GDPR.
Pare che infatti, per godere di questo diritto sia sufficiente un indirizzo IP, anche se la visita non è stata fatta da una persona da tutelare, e perfino le rivendicazioni siano automatizzate.
Una volta li chiamavano robo-spammer: ora sono persone, rispettiamoli.
Personalmente proverei a vedere se l’autore del bot abbia il diritto di inviare spam automatico a tante persone, e in caso contrario denunciarlo, ma non vorrei sporcare la sua armatura scintillante.