Quanto scrivo è soltanto un’opinione, e come tale può essere catastroficamente sbagliata, ma per il momento è quello che penso: viviamo in un blocco economico in cui internet e l’imprenditoria ad esso collegata, è fortemente osteggiata.
Fortemente osteggiata non dalle imprese, che possono essere competitive come le altre, ma dalle normative.
Non parlo di tasse: quelle non sono il problema principale. Le tasse le possiamo pagare.
Prendiamo qualche esempio: la cookie law: bastava parlare con un cugino qualsiasi, per avere l’idea giusta e chiedere di gestire la cosa ai creatori di browser, globalmente, e non a tutti i creatori di siti uno alla volta. I siti potevano esporre un manifest con i dettagli, l’utente vedere cosa rifiutare nel caso il sito pretendesse cookie oltre le sue impostazioni di default.
Invece modifichiamo ogni sito web europeo minacciando multe. Bene, avanti così.
La gdpr. Un sacrosanto cerbero a tre teste in difesa della privacy dei cittadini. Secondo alcune interpretazioni tutto ciò che sta negli USA è il diavolo. Dovremmo rinunciare per esempio a Google Analitycs ed usare in cambio i log del server: o almeno dice così una sentenza austriaca recente. Cavoli vostri riguardo a come estrarre le statistiche allo stesso livello.
Perfino i cloud sarebbero in forse: niente AWS usate Aruba. Le skill di Alexa? Produciamo in casa un nuovo Emiglio.
Tutto questo senza investire un centesimo in quello che davvero sarebbe utile: la cultura personale su etica e privacy, insegnare agli utenti a non regalare i propri dati al quiz “che verdura sei” potrebbe essere un passo avanti.
Potrei far notare che si chiudono le stalle quando sono già scappati i buoi, che le policy dei siti web non le legge nessuno mai, e chi dice di farlo mente, o è uno con una strana patologia.
Potrei far notare che i paladini tecnologici della gdpr sono dei furbi che si fanno pagare a caro prezzo servizi inferiori a quelli delle big tech americane.
Potrei far notare che mentre facciamo normative per azzopparci da soli, il gap tecnologico tra noi USA e Cina si fa sempre più incolmabile.
Le soluzioni etiche sono necessarie, ma vanno gestite con rispetto del lavoro di chi crea tecnologie innovative, di chi ha necessità di misurare i dati, anche di chi ha necessità di sperimentare senza investire prima decine di migliaia di euro in burocrazia.
Le soluzioni etiche vanno create con gli addetti ai lavori, non nei labirinti della burocrazia. Vanno cercate con chi le vuole senza interessi personali.
L’Italia tra gli stati europei guida il trend, perfino per fondare una Startup bisogna andare dal notaio.
Medioevo strikes back.
Integro questo articolo con il link ad un post interessante e pieno di dati di Andra Milozzi, su agendadigitale.eu:
One thought on “Europa senza speranza”