Io ho imparato a programmare da solo: ho quindi meccanismi e processi peculiari, forse unici.
Ho lavorato con tanti sviluppatori, con generazioni di developer: ho notato che il codice degli junior spesso ha la cifra stilistica del senior che gli fa da mentore.
Chissà quanti ne ho rovinato io col mio stile poco leggibile, asciutto, sintetico e criptico.
Oggi imparano le best practice, usano dei linter, hanno delle convenzioni.
Una volta non c’era tutto questo e il codice era un caos.
Uno di quei caos che poteva partorire qualcosa di geniale: ma anche catastrofici bug.
Il codice si ricordava per evitare guai. Io ricordo ancora codice assolutamente inutile scritto decenni orsono.
La documentazione era poca o inesistente, senza lo sviluppatore originale si era perduti.
Oggi ci sono i test, le best practice, la documentazione, i contratti Api, la validazione del codice e dei dati strutturati, il controllo di versione, l’agile, il lean.
Tanta roba che ci siamo guadagnati con gli anni, ma anche una tremenda sovrastruttura che può spaesare e confondere quanto un codice complesso.
La mole di informazioni che abbiamo oggi di cui tener conto, può portarci all’overflow, una volta era dura ma il codice era tutto ciò che avevamo.
Quando vedo un developer spaesato gli consiglio di provare ad andare per step.
Guarda il codice e la sua logica, non badare ad altro. Fallo tuo. Immagina come lo avresti fatto tu.
E anche questo però è forse soltanto un tentativo di lasciare un segno della mia esperienza.