Matteo Salvini ne ha buttato fuori una delle sue: “Un ministero dell’Intelligenza Artificiale a Milano”.
Il partito delle corna vichinge, delle ampolle di acqua del fiume Po, è sempre stato desideroso di avere dei ministeri a Milano, perfino riuscendoci in piccolo per un breve periodo e bruciando molto denaro inutilmente.
Stride un po’ che si accosti Lega ed Intelligenza nella stessa frase, per poi parlare addirittura di un ministero scientifico, etico e innovativo, da fondare ex-novo.
Ma tralasciamo il fatto che l’idea sia venuta alla politica più ignorante di sempre e ragioniamoci un po’.
L’AI è una tecnologia esponenziale, che andrebbe quindi sotto ad una commissione del Ministero dell’Università e della Ricerca per la parte scientifica, e di quello dell’Innovazione per la parte attuativa.
Una commissione per l’AI potrebbe secondo alcuni non essere sufficiente a coprire un argomento così importante, al punto di doverlo mettere a sé stante in un ministero adhoc, di cui lascerei perdere l’ubicazione, per non sollecitare troppo i leghisti.
Perché i ministeri funzionino devono avere: comunicazione tra di loro e gli altri, portafogli, vicinanza alle aule parlamentari e alle strutture della politica, dove si prendono le decisioni.
Un ministero non è una commissione scientifica, è un organo preposto a dare una direzione economica e legislativa, ad un determinato “fulcro” delle attività dello stato.
Il ministero dell’Agricoltura sa bene di cosa occuparsi: niente in questa definizione lascia spazio all’immaginazione.
Un ministero dell’Intelligenza Artificiale: sarebbe il primo ministero di sempre basato su una tecnologia software, in evoluzione perenne, di difficile definizione: dove si pianta l’AI? Si mangia?
Un ministero supertecnico in cui potrebbero lavorare solo dei tecnocrati, ma i ministeri, sono a rappresentanza politica.
Ora chiariamoci, non ritengo una cattiva idea che la politica dia un indirizzo di massima ad un argomento così dibattuto e che faccia del suo meglio per svilupparne le potenzialità, ma temo che l’unica mossa che possa fare a riguardo, oltre a qualche legge etica che spero ragionevole, sia destinare fondi all’università e alla ricerca, favorire le aziende che la fanno internamente agevolandole, sensibilizzare le università verso l’argomento in modo che facciano corsi all’avanguardia, ragionare sul welfare per gli eventuali posti di lavoro che la nuova tecnologia costringerà a formare ed allocare altrove.
Ovviamente di tutto questo il promotore non ne parla minimamente, nemmeno saprebbe farlo: parliamo di uno che appoggia platealmente teorie antiscientifiche.
Insomma una proposta fatta di vento, tra le mille promesse politiche che resteranno inattuate, o peggio attuate solo per spendere i nostri soldi in sedi milanesi inutili.