La sicurezza informatica è la sfida del secolo: vediamo ogni giorno quanti problemi vengono causati da ramsonware, malware, data breach nel mondo dell’informatica pubblica, aziendale e personale.
Se il problema è già enorme ora, immaginiamo cosa potrebbe causare in un mondo in cui la robotica personale è diffusa come le macchine per il caffè.
Non è un segreto che il sottoscritto si stia appassionando di robotica open source: ne ho scritto in Robotica fai da te. E mentre centinaia di migliaia di persone come me nel mondo faranno esperimenti, le grandi aziende inizieranno timidamente a tirare fuori dei Personal robot umanoidi o a forma di cane che siano: Robotica personale: arriva ASTRO di amazon
Occorre quindi che, alla stregua di quanto sta succedendo nel software gestionale, i layer di sicurezza informatica abbiano la priorità su tutto su questi dispositivi.
La sicurezza di un robot (comprendo nel concetto anche le auto a guida autonoma che verranno) deve essere estremizzata, occorre che ci sia dell’hardware specifico a difesa del sistema, un controllo in tempo reale di ogni manomissione del software, dei protocolli fault tolerant di intervento, un monitoraggio da parte di macchine e umano sulla sicurezza.
Occorre togliere l’uomo dalla pipeline della sicurezza: l’uomo è l’anello debole in ogni sistema informatico, con le sue password 123456 e la poca volontà di utilizzare le autenticazioni a più fattori.
Servono strumenti comuni per i layer della sicurezza controllati da terze parti non aventi a che fare con il business e con rigide regolamentazioni sugli standard di sicurezza ammissibili.
Tutto ciò che nella rete va dal server al robot deve essere controllato, crittografato e gestito in modo di non poter veicolare malware o consentire telemetrie inesatte o comandi remoti aggressivi.
Iniziamo oggi a cercare di avere questi standard di qualità nei nostri software e domani forse ci troveremo più al sicuro in un mondo robotizzato.