Oggi ho letto un interessante quesito da parte di un amico su LinkedIn:
Nella mia lunga carriera sono stato da ogni parte del fronte: lato azienda ospite, lato consulenza, management, come developer, come team leader, perfino come consulente terzo incaricato di capire che accadeva.
Il mio consiglio a caldo a Luigi è stato quello di giocarsela sulla competizione: visto che c’è naturalmente, incentiviamola fino al parossismo e vedendo se i team in guerra troveranno elementi in comune e si faranno unica squadra.
Il consiglio può essere giusto o sbagliato: è un azzardo da giocatore di poker con poche carte in mano e tante partite giocate.
In passato ho visto diverse volte team rivali, coinvolti nello stesso progetto, rallentare i piani di lavorazione, costringendo il management a infinite riunioni di gruppo, tese a pacere tutti, e prive di risultati.
Mi è capitato anche che si creasse, del tutto autonomamente, uno spirito di gara, irrefrenabile tra i due team, e il risultato di questa corsa non fu soltanto un grande anticipo nelle consegne, ma la fondazione di molte amicizie, alcune delle quali mi riguardano e sono onorato di mantenere.
Il mio consiglio a Luigi si basa quindi su questa esperienza ed alcune simili che sono riuscito a replicare in seguito.
Occorrono dei complici, nel team interno, che stuzzichino il team avversario. Difficilmente si rinuncerà ad una sfida: se funzionerà si potrà ridere a fine progetto tutto insieme della manipolazione a fin di bene.
Cosa può andare storto?
Tante cose: bisogna giocarsela bene e stare attenti che i due team siano in competizione e non in guerra, o si autosaboteranno l’un l’altro.
Spesso questo avverrà naturalmente: in fin dei conti siamo tra professionisti e difficilmente prenderanno ad odiarsi, occorre comunque fare attenzione a caricare i team agonisticamente sul prodotto e mai sulle questioni personali.
I possibili benefici superano i certi disagi, quindi secondo me, vale la pena tentare.