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Intervista ad Ilaria Piana

Sono Ilaria. Ho 43 anni, ma me ne sento 25. Sono un programmatore, una ex rugbista e una divoratrice compulsiva di libri. Quando non trovo un senso, mi rifugio nella musica.

Quando hai iniziato a programmare?

Ho iniziato piuttosto tardi, a dire il vero: avevo 23 anni.

Che percorso hai fatto?

Dopo il liceo mi sono iscritta a giurisprudenza, perché nella città in cui vivevo era l’unica alternativa ad economia e commercio e, quando avevo ventilato l’ipotesi di cambiare città, ai miei era venuto un colpo.

Al quarto anno ho realizzato che non volevo esercitare quella professione.

Mi sono armata di coraggio e sono partita per Genova, con l’intenzione di iscrivermi alla facoltà di informatica, ma poi sono passata davanti a un cartellone che pubblicizzava dei corsi di qualifica professionale del Fondo Sociale Europeo.

Ho tentato la selezione, anche se eravamo in tantissimi.

L’ho superata, e dopo ottocento ore e l’esame ho avuto in mano il mio diploma di qualifica: sviluppatore di applicazioni con linguaggi object-oriented.

Che linguaggi conosci?

Ho iniziato con C e C++. Poi sono arrivati C#, Javascript, JQuery, e una decina di anni fa ABAP4

Che ne pensi del lavoro da remoto?

Penso che, nella frenesia della vita odierna, sia una ottima risorsa.

Dopo il lockdown, l’azienda per cui lavoro ci ha consentito di lavorare da casa ancora per i tre mesi estivi.

Mi sono trasferita a Imperia, a casa di mia madre.

Mi alzavo alle 6.30, facevo una corsa sul lungomare, di ritorno mi fermavo a prendere il pesce fresco, alle 8.30 iniziavo a lavorare.

Staccavo giusto una mezz’ora per mangiare qualcosa e fare due chiacchiere con la mamma.

Alle 18, circa, spegnevo il PC e tre minuti dopo ero già in spiaggia.

Dopo i difficili mesi del lockdown, senza dubbio mi ha aiutato a ritrovare un po’ di pace.

E paradossalmente, a parità di ore di lavoro, la mia resa era molto maggiore, inoltre non dovendo impiegare tempo per gli spostamenti, il proseguire oltre l’orario non è mai stato un grosso problema.

Senza contare i benefici che il lavoro da remoto porta in termini economici (risparmio di carburante e, in mancanza di mensa, sul cibo), ecologici (meno veicoli in strada, quindi meno inquinamento), psicologici (guidare nel traffico o prendere i mezzi pubblici dell’ora di punta non è il massimo del relax, no?).

Purtroppo, molte aziende, ancorate al vecchio concetto del “devo controllarti altrimenti non lavori”, non danno a questa opportunità il giusto valore.

Di cosa ti occupi attualmente?

Lavoro nel reparto IT di una multinazionale che opera nel settore edile. Realizziamo il software che serve a gestire i clienti, i cantieri, e le integrazioni con il sistema che si occupa della fatturazione e delle risorse umane.

Qual è il futuro dell’informatica secondo te?

Non ne ho la più pallida idea. Ma non vedo l’ora di scoprirlo! 🙂

Hai avuto un mentore?

Più di uno. In questi vent’anni avuto la fortuna di incontrare delle persone davvero illuminate. Posso citare Gabriele Gaggi, Giampaolo Tucci, Matteo Marcianò, Andrea Albertini, un certo Ricardo Piana…

Tutte persone davvero molto competenti che mi hanno trasmesso la loro passione per la tecnologia e la voglia di mettermi in discussione e imparare cose nuove.

Hai un sogno nel cassetto, riguardante il software, che vorresti realizzare?

Mi piacerebbe aiutare le aziende che non sono ancora informatizzate a diventarlo, migliorando i processi organizzativi e produttivi interni realizzando o coordinando lo sviluppo di software sicuro e efficiente.

Purtroppo in Italia ci sono ancora molte realtà (e non parlo solo di piccole imprese) che faticano a considerare l’informatizzazione una risorsa e non un costo

Come si fa a contattarti professionalmente?

All’indirizzo ilariapiana5@gmail.com oppure tramite LinkedIn https://www.linkedin.com/in/ilapiana

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