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Intervista a Stefano Antonioni

Presentati

Sono nato a Roma, città dove tuttora vivo, nell’ottobre del 1970.

Mi occupo di informatica sin dal 1979. Ho iniziato con un computer basato sullo Z80, il cui kit di assemblaggio uscì in quel periodo con la rivista “Nuova Elettronica”. Con quel computer iniziai a muovere i primi passi nel mondo della programmazione in linguaggio Basic. Nel corso degli anni sono passato per i computer della Sinclair (ZX 81, ZX Spectrum, QL) e della Commodore (C64, C16, C-Plus 4, Amiga), fino al primo PC, l’IBM XT e al primo Apple Macintosh.

Ho assistito a tutto il processo di innovazione che ha caratterizzato il mondo dei PC, da quel tempo fino ad oggi, acquisendo esperienza sia nell’uso dei vari sistemi operativi (DOS, Windows, Linux, e Unix per x86 quali per esempio Solaris, BeOS e NextStep), sia nell’assemblaggio di PC, dall’epoca dei 486 fino ai più moderni Intel Xeon e AMD Ryzen, ed in alcuni casi anche configurazioni Multi CPU, dai primi Pentium III e Athlon MP, fino ai moderni Xeon su Socket 3647 / 4189.

Durante tutto questo tempo ho indirizzato la mia crescita professionale nello specifico sulle seguenti tematiche sviluppo software, progettazione di basi dati (sia dal punto di vista logico che fisico), disegno di flussi di estrazione, caricamento e trasformazione dei dati, analisi e gestione di tecnologie CRM, amministrazione e installazione di application server e layer di virtualizzazione. E poi, ho trasformato l’esperienza acquisita in materiale per erogare io stesso formazione ai miei collaboratori.

Il tutto condito dall’attività di beta tester di diversi sistemi operativi, database e strumenti di sviluppo e dall’attività di “ricercatore” orientata allo studio di periferiche avanzate quali per esempio eye tracker, brain computer controller, sensori di rilevazione di movimento, e anche i primi visori a realtà virtuale.

Stefano Antonioni in azione

Ti intervisto come esperto e curioso del metaverso: cosa sarà secondo te? Che visione hai?

Modestamente Ricardo, mi ritengo più un curioso che un esperto. Prima di rispondere alla tua domanda, consentimi una doverosa premessa, che può essere di aiuto alla comprensione della mia risposta.

Di esperienza ne ho tanta come utilizzatore di tecnologie di VR, la prima risalente addirittura agli anni ’90 del secolo scorso (siamo diversamente giovani io e te), avuta con un visore della Silicon Graphics, collegato ad una Workstation Crimson Reality Engine. Piccola curiosità: uno smartphone moderno ha una potenza di calcolo decine di volte superiore a quella postazione, che costava centinaia di milioni di vecchie Lire.

La mia esperienza, dopo una lunga interruzione è ripartita nel 2012, dalla presentazione del primo DK1 di Oculus, e da quel momento ho acquistato di tutto e di più. Per i più appassionati, dico solo di aver acquistato anche visori del progetto OSVR, il primo visore dotato di eye tracking qual è stato il Fove 0, fino ad arrivare ai moderni Oculus Quest 2, HTC Vive, HP Reverb G2, Pico Neo 3, Windows Mixed Reality Headset, ecc.

Perché ti ho fatto questa carrellata? Per dirti che ciascun vendor di VR ha proposto, o propone il suo ambiente di “metaverso”. Lo metto tra virgolette, perché ritengo che questo termine sia stato utilizzato dal padre di Facebook più per suscitare aspettative nei confronti del pubblico che per proclamare l’ideazione di una novità. Modesto parere: è stata una pura mossa di marketing, una montatura, un gonfiare un’attesa verso un prodotto o una tecnologia che di fatto esiste, ma in modo molto frammentato, già realizzata da altre aziende.

Ti faccio un esempio di “metaversi” già esistenti, o meglio, chi già propone il suo: Varjo, nVidia, Virbela, Vircadia, Tivoli Cloud, e la lista potrebbe tranquillamente proseguire. Ecco qualche esempio di chi propone mondi virtuali non solo ad uso professionale, ma anche ludico, per condividere con altri le proprie esperienze in VRcon altri, un po’ come si fa all’interno di un social. Soluzioni tutte interessanti, dove credo che Facebook potrebbe risultare vincente se creasse una serie di “adapter” (così noi tecnici chiamiamo i software che fanno parlare tra loro tecnologie che fanno uno stesso mestiere, ma in modo diverso) con alcune delle tecnologie proprietarie che sono già in piedi, così da poter essere una sorta di Hub unico per chi vuole vivere nel “metaverso”, continuando ad usare magari la tecnologia che gli risulta più congeniale.

Non mi imbarco in disquisizioni di carattere sociologico e filosofico, perché sono temi che non mi appartengono. Mi permetto di esprimere un personale timore, una personale perplessità: mi auguro che le persone continuino a vivere la loro vita reale, e non traslarla in un metaverso, come alcuni dei protagonisti dell’unico libro che ho letto sul tema, in tempi non sospetti, ossia “Ready Player One”; non è una grande lettura, sia chiaro, non è un trattato sociologico / filosofico, ma a pelle, mi ricordo di quanto molti dei protagonisti vivessero gran parte della loro vita nel “metaverso” del gioco protagonista della storia del libro.

A questo aggiungo che Facebook credo abbia la sufficiente potenza di fuoco al livello di marketing per farlo diventare una realtà, e anche dal punto di vista economico ha le risorse per dotarsi di tutte quelle infrastrutture hardware che uno, come Raja Koduri di Intel, ha indicato come necessarie per riuscire nell’impresa. Quanto tempo ci vorrà per arrivare al “metaverso” secondo l’interpretazione di Zuckerberg? Credo che, un po’ come per tutte le cose, molto dipende dall’intensità degli sforzi tecnologici ed economici che sarà in grado di profondere nel corso del tempo.

Chiudo questa parte della tua intervista con una mia personale convinzione: tante volte io e te abbiamo visto naufragare soluzioni tecnologiche avanzate, migliori nei confronti di altre, valide, ma meno innovative, meno coinvolgenti, meno originali, e tutto questo perché la differenza l’ha fatta più il marketing che la tecnologia. Non sono un esperto di marketing, quindi non ho nulla da insegnare su quale possa essere la strategia comunicativa vincente, ma certo è che l’azienda che ha un piano comunicativo più coinvolgente, più avvincente, può colmare i deficit del suo prodotto rispetto alla concorrenza, che magari fa cose più belle (fammi usare questo aggettivo anche se banale), ma non sa farlo capire al suo pubblico. Facebook ha il marketing potenzialmente capace di far diventare il “metaverso” un prodotto di largo consumo. Qualora fallisse anche il suo marketing, allora il fallimento sarebbe dietro l’angolo, come per tutte le cose.

Per saperne di più, questo è il link di un mio post, di circa due mesi fa, su LinkedIn: https://www.linkedin.com/posts/stefano-antonioni-1970_powering-the-metaverse-activity-6879504245863849986-cI3Z

E tu come puoi aiutare in merito?

Posso essere di aiuto in diversi modi.

Il primo modo, progetto per il quale sto lavorando intensamente, è aprire un lab gratuito per il pubblico per poter provare le tecnologie di VR.

Potrà sembrare banale, ma questa volontà è legata al fatto di permettere a chi è curioso di questa tecnologia di capire se per esempio potrà usufruirne senza conseguenze fisiche, quali la chinetosi, che in alcuni individui viene provocata dai sistemi di VR.

Proprio per questo, ho investito tantissimo denaro nell’acquisto di un ampio spettro di esperienze in VR, dalle più tranquille, quali per esempio “theBlu”, ambientata nei fondali marini, alle più frenetiche e coinvolgenti quali “Half Life Alyx”.

A questo lascio immaginare altre ragioni per cui può essere utile mettere a disposizione un lab: poter scegliere il visore che piace di più, avere dei punti di riferimento sulle esperienze da acquistare e così via.

Un secondo modo, dedicato sia al pubblico che alle aziende, è guidare chi vuole acquistare o assemblare una postazione dedicata alla VR, nella fase di individuazione della componentistica idonea, in funzione delle prestazioni che si desidera ottenere.

Soprattutto, tramite la versione “beta” del mio lab, che è già in piedi, aiutare chiunque a sciogliere il dilemma più importante, forse, per chi vuole avvicinarsi alla VR: scegliere un visore collegato al PC o uno stand-alone?

Un terzo modo è cercare di coinvolgere i produttori di visori, chiedendo loro di mettermi a disposizione i loro prodotti, per un test, che ha l’obiettivo di guidare il potenziale consumatore nella scelta di un prodotto. 

Per questo, le mie recensioni, invece che concentrarsi su pregi e difetti (che per correttezza condivido in modalità privata coi produttori stessi), hanno l’obiettivo di indicare qual è il pubblico di riferimento dello specifico prodotto.

E questo parlando anche di funzionalità o applicazioni peculiari che possono fare la differenza, magari per un appassionato, uno sviluppatore, un gamer o un utilizzatore professionale / aziendale di VR. Parlando di professionisti, ho una particolare sensibilità verso chi opera nei settori dell’educazione, dell’insegnamento, della salute e della ricerca scientifica, ed è con una lente d’ingrandimento particolare che cerco per ciascun visore applicazioni di questo tipo. La VR può fare molto, l’ho toccato con mano.

Un quarto, ma non ultimo modo, è quello di fungere da hub di raccolta di qualsiasi tipo di informazione che riguarda la VR, selezionare quelle che ritengo più significative e condividerle all’interno dei miei profili social, in particolare LinkedIn.

Sai che la mia fissa è “cambiare il mondo un millimetro alla volta” tu fai qualcosa a riguardo?

Sono consapevole che la mia voglia di raccontarmi sta evidenziando un mio difetto, l’essere particolarmente prolisso. Ora ti rispondo, proponendoti la mia personale ricetta, fatta di tante piccole cose, ma molto concrete.

Cerco di cambiare il mondo un millimetro alla volta, in relazione alla VR, cercando di spingere operatori del mondo della sanità, dell’istruzione, dell’educazione e della ricerca scientifica verso la VR, che può fungere da acceleratore al loro lavoro, che più che lavoro considero essere una missione socialmente utile, per il fisico e per l’animo delle persone.

Cerco di cambiare il mondo un millimetro alla volta, indirizzando i miei clienti all’acquisto di tecnologie che siano il meno possibile energivore, e questo l’ho fatto io per primo, in azienda, facendo ricorso per esempio a microprocessori a basso voltaggio, che pur essendo meno veloci di quelli a voltaggio standard, però consumano meno, con poca rimessa in termini prestazionali, utilizzando unità di alimentazione ad alta efficienza energetica peri server e le workstation di cui faccio uso.

Cerco di cambiare il mondo un millimetro alla volta, mettendo a disposizione della comunità scientifica le risorse hardware dei miei computer, attraverso programmi quali:

– “Folding@Home” (https://foldingathome.org/?lng=it-IT)

– “World Community Grid”(https://www.worldcommunitygrid.org/)

Si tratta di progetti di ricerca che attingono alla capacità di calcolo dei miei computer quando questi sono in stand-by, favorendo chi ha bisogno di potenza di calcolo distribuita, ma non ha i fondi necessari per dotarsi di un vero e proprio sistema di High Performance Computing.

Cerco di cambiare il mondo un millimetro alla volta, cercando di usare sempre un modello di comunicazione che mi permetta, con rispetto, di condividere il mio pensiero, la mia opinione, ma senza presentar quanto condiviso come verità assoluta, ma come una possibile chiave di riflessione e di lettura; sempre parlando di comunicazione, cerco sempre di dimostrarmi aperto al dialogo, al confronto; cerco di cambiare il mondo un millimetro alla volta cercando di fare del bene a chiunque sia bisognoso di aiuto, senza far sapere, per così dire alla destra ciò che fa la sinistra. Non amo i riflettori, non amo le luci della ribalta. Desidero fare queste cose nella mia intimità, e sempre nella mia intimità vivere la felicità che ne deriva.

Che bias hai incontrato nella tua professione?

Sono molto combattuto circa l’opportunità di parlartene o meno.Ma sì! Mi tappo il naso, metaforicamente parlando, e te ne parlo.

Fondamentalmente, anche se ce ne sono stati diversi, sono due quelli che mi hanno pesato più di tutto:

– Ho avuto intorno a me persone (pochissime da parte della mia famiglia) che hanno visto la tecnologia come un pericolo, non come un’opportunità, un possibile mezzo per fare meglio cose che si sono fatte, e più che la tecnologia, i computer sono stati oggetto delle loro critiche; hanno cercato di scoraggiare la mia voglia di fare, al punto che le motivazioni adolescenziali (fiaccate anche da episodi di bullismo subiti a causa del mio aspetto fisico e delle cose in cui credo) che mi avevano portato ad iniziare un percorso scolastico ben preciso, sono crollate. Questo “scherzo”, mi è costato ben due anni di scuola, uno perso perché ho abbandonato, e un altro speso diversamente (non inutilmente, perché anche quello mi è servito) tanto per non sentirmi dire che ero un nullafacente (ho frequentato per un anno un corso regionale come segretario e stenodattilografo aziendale). Una volta rimessi in ordine i “pezzi”, sono partito senza fermarmi più.

– Soffro di depressione, unita al disturbo bipolare. Questo è stato interpretato da tanta, troppa, troppissima (lo so che non è italiano, ma passamelo per favore) gente come sinonimo di pazzia, come incapacità di intendere e di volere addirittura! Il mio stato emotivo mi ha fatto passare anche per altro. Pensa che una volta, durante un test di valutazione presso un cliente, non riuscii minimamente a rispondere a nessuno dei quesiti proposto, a causa del mio stato depressivo del momento, e questo mi fece passare per un bugiardo, per uno che non era capace di fare il suo lavoro; ma per fortuna, una persona che mi conosce molto bene, propose un’alternativa: mettermi alla prova per una settimana. Trovandomi in un terreno più a me congeniale, il lavoro pratico sul campo, riuscii a conquistare la fiducia e la stima del cliente, tanto che rimasi a lavorare per lui almeno un paio d’anni. Colgo l’occasione semplicemente per dire che tutti avremmo bisogno di maggiore consapevolezza di quelli che sono i disturbi dell’umore e dell’emotività, trattandoli per quello che sono, con la solidarietà e l’assistenza che meritano. Ritornando alla tua domanda di come faccio il mio per cambiare il mondo “un millimetro alla volta”, cerco di fare anche questo con coloro che mi circondano, nella vita reale e nei social, in veste di persona che ne soffre, e che sta imparando ad assistere anche gli altri, che ne soffrono.

Come si fa a contattarti professionalmente?

È molto semplice. Anche se la mia comunicazione viaggia principalmente su LinkedIn e su Facebook, ho un profilo quasi ovunque. Chi volesse mettersi in contatto con me, può trovarmi qui:- LinkedIn: https://www.linkedin.com/in/stefano-antonioni-1970/– Facebook: https://www.facebook.com/stefano.antonioni.90– Twitter: @diddl1970- Instagram: https://www.instagram.com/diddl1970/

Copiamo Gigi Marzullo, Si faccia una domanda e si dia una risposta.

Allora Stefano chiede a Stefano: Chi ringrazieresti per quello che ora sei e fai?

Una volta, durante una conferenza pubblica, ho ascoltato questa frase, che recita più o meno queste parole:

“Nessun essere umano ha le qualità necessarie per portare avanti un progetto da solo”.

Quanto sono vere per me queste parole! Quando a 15 anni ripresi le scuole superiori, tutto immaginavo tranne che, dopo 37 anni, ritrovarmi imprenditore, e responsabile della Ricerca e dello Sviluppo della propria azienda. Quindi rimanendo sul piano delle persone che ho avuto il privilegio di incontrare nella mia vita, ringrazio chiunque, a vario titolo, sia con l’incoraggiamento ed il sostengo economico (la mia famiglia, i miei genitori, i miei amici), sia con le critiche e l’opposizione (a volte anche dura ed esplicita, a volte velata, ma più velenosa), alla fine ha portato la mia vita, la mia persona dove ora mi trovo.

Nulla di eccezionale, sia chiaro. Nulla di eclatante, ci mancherebbe. Ma partendo dall’essere un fanciullo che coi computer giocava solo ai videogames, per arrivare ad avere un buon livello di professionalità, di strada ne ho fatta. Tanta? Poca? Non saprei. So solo che a me, per ora non basta. Voglio andare avanti.

Grazie per questa fantastica opportunità!

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