Come sapete sono un curioso cronico. Il comportamento altrui rientra nelle cose che osservo, ponendomi domande per cui spesso servirebbe uno psicologo, non un tecnologo.
Gestendo un team però non sempre il supporto psicologico è immediatamente disponibile, e il team si trova ad affrontare questi problemi da solo.
Quando un componente del team cade, per motivi che non sono in grado di sapere o conoscere, nell’autosabotaggio, i sintomi iniziali sono chiari: la sua timeline è in ritardo, agli standup pare importargli poco, sul motivo dei blocchi è evasivo.
I problemi scatenanti possono essere molteplici, da quelli familiari, a un’insoddisfazione personale o sul lavoro, perfino per la noia di un task di cui non si comprende la vision e l’utilità.
Oppure si tratta di un problema sociale con i colleghi del team o con qualcuno in particolare.
Occorre agire immediatamente, parlando col componente in difficoltà, mostrandogli interessamento e sostegno, ricordandogli la sua essenzialità al team e alla vision aziendale.
Durante la mia lunga carriera non ho mai imparato la ricetta fissa per risolvere simili situazioni, a volte basta una pausa, un po’ di ferie, allentare la tensione, alcuni invece necessitano di maggiore attenzione, di essere seguiti di più, di essere coinvolti in pairing con qualche collega.
A volte purtroppo non si riesce ad uscirne.
Lo prendo sempre come un fallimento personale: in quel caso l’unica via, tremenda, è la separazione.
Non deve essere un divorzio cattivo, entrambe le parti sanno il motivo. Occorre favorire l’uscita in ogni modo, cercando di ricollocare la risorsa in un’azienda in cui possa tornare produttiva e utile.
A volte l’aria nuova fa miracoli.
Mi è capitato di vedere elementi rinati dopo un cambiamento. In ogni caso cerco di sostenerli sempre, e di riuscire a capire dove ho sbagliato.
Sono un sentimentale e separarmi dai componenti del team mi duole.
E voi come vi comportate in questi casi? E vi è capitato di sabotarvi da soli?
A me sì. Per fortuna per periodi brevi.