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Mitologia dell’ufficio

In questi giorni, con un certo risveglio degli istinti pre-pandemia, vedo mitizzare il team working in ufficio come la panacea di tutti i mali aziendali.

Leggo manager entusiasti dire che “nulla può sostituire la convivialità dell’ufficio, le pause caffé, i pranzi al bar insieme”.

Io lavoro in Full remote working dal 2008: le cose saranno cambiate nel frattempo immagino, ma i miei ricordi della vita in ufficio non erano così rosei.

Ricordo la sveglia presto, i mezzi pubblici, l’arrivo trafelato in ufficio con stress e cattiveria accumulata.

Ricordo cha alcuni miei colleghi dirigenti arrivavano con comodo, più tardi, sulla loro BMW, erano stanziali, non cavalieri erranti da una città all’altra, da un lavoro all’altro come me, certamente più rilassati: ma io dovevo gestire un team di sviluppo software, dovevo esserci e stare davvero con loro.

I team di programmatori sono composti da elementi con spiccata intelligenza e sensibilità: trattarli come pecore non funziona; occorre integrarsi nel gruppo perché tutto vada bene, conoscere pregi e difetti di ognuno ed accettarli.

Elenco un po’ di miti sparsi sul lavoro in ufficio, in cui spesso si confonde team building con controllo del personale e convivialità con triste convivenza.

Il caffè.

La macchina del caffè in ufficio, rigorosamente in ufficio perché se si va al bar si esce, si perde tempo, non si sta davanti al computer: “mica li paghiamo per stare al bar” è un elemento conviviale tra elementi del team che si stanno simpatici comunque.

L’immagine del manager che prende il caffè con i dipendenti è falsa: il manager il caffè se lo va davvero a prendere al bar, con altri dirigenti, con i dipendenti comunali, con i vigili urbani, o se lo fa portare, in ufficio, il suo, mentre gli altri lavorano nell’openspace, se gli va bene, o nei cubicoli.

E quando decide, raramente, di prenderlo alla macchinetta, salta la fila, non si ferma a chiacchierare, non è ben accetto, e se lo è, lo è con diffidenza.

Conosciamo tutti l’umorismo medio dei manager: è pessimo. Se ridono alle vostre battute è perché li pagate.

Il pranzo.

Se non è presente la mensa aziendale, triste ma porto sicuro, i dipendenti si arrangiano come possono: i più fortunati tornano a casa, i più risparmiatori si portano la schiscietta come i muratori, la maggioranza va al bar vicino all’ufficio, dove saranno derubati di una decina di euro in cambio di un camogli, gassata e caffè.

Questo genere di pranzi non è conviviale, non mette di buonumore, e soprattutto il manager non c’è mai.

Quello ha tutto il tempo di tornare a casa, o andare in ristorante con i colleghi.

Personalmente a pranzo seguo il metodo Montalbano, non parlo mentre mangio: quindi pur usufruendo del bar sarei poco utile per i rapporti sociali in quel momento.

Le riunioni in presenza.

Una persona che reputo intelligente e che ha una buona azienda, mi ha detto che non si possono fare in remoto riunioni produttive di otto ore. In ufficio, dice, si raggiunge questa produttività tranquillamente.

Questo genere di riunioni, che io considero rapimenti ed andrebbero denunciate alle autorità, sono produttive soltanto per il manager teso al micro-management che vuole avere controllo completo su tutti e tutto.

Certo è necessario aggiornarsi e discutere dei task, soprattutto se si stanno verificando blocchi o rallentamenti, se qualcosa non va. Ma una riunione deve essere composta soltanto dalle persone necessarie, e deve durare minuti non ore.

Le uniche riunioni in cui evito il cronometro sono quelle di brainstorming e team building: lì ha senso stare insieme, divertirsi insieme, essere creativi insieme. E no, vi stupirà questa cosa, non serve stare in ufficio per farle.

Conclusioni

Il lavoro in presenza è spesso un accumulo di stress dei soggetti più delicati, lo stress porta malcontento e il malcontento è la morte dell’azienda.

Ognuno è fatto a modo suo, certo, e ognuno può preferire l’ufficio ad una casa magari disordinata e rumorosa. Questo però non è un beneficio dell’ufficio se spostamenti, vita sociale, costi, generano stress di altro tipo. Così come si analizzano i processi di lavoro, si deve lavorare per annullare i motivi di stress in ufficio. Non servono scrivanie, servono parcheggi, mezzi pubblici vicini, zone di ritrovo, videogame, flipper, calcetti, nido per i bambini, spazi adeguati a lavorare in solitudine e in gruppo, per tutti.

Il lavoro del manager in ufficio deve essere più completo di quello in remoto: sta a lui integrarsi nel gruppo, farne parte, essere accettato come persona e non come “capo”. Il remoto con la sua impalpabilità ci rende tutti più uguali.

Ma il vostro ufficio non ha questi problemi, è il paradiso, giusto?

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