La sindrome dell’impostore ci colpisce un po’ tutti, possiamo però combatterla, quando tende a danneggiarci ed usarla a nostro favore in alcuni casi, perché come tutto, anche essa non è tutta bianca o tutta nera.
È abbastanza normale sentirsi inadatti o non abbastanza preparati al proprio ruolo: si pensa di non avere studiato abbastanza o di non avere abbastanza esperienza.
Questo può danneggiarci quando, per esempio, rinunciamo a candidarci per una posizione, ritenendo di non avere le skill necessarie, o di non averle approfondite abbastanza.
Può però anche esserci di sprone, sentendoci inadeguati, studieremo costantemente per migliorare. Chi si sente “arrivato” raramente pensa a cosa fare per migliorarsi.
Personalmente, la mia storia mi ha consentito di non avere il problema per lungo tempo: quando ho iniziato a programmare, chiunque sapesse usare un computer era automaticamente considerato “il genio” e questo alzava di molto l’asticella dell’autostima.
L’arroganza, si sa, difficilmente diminuisce col tempo, ma in informatica i ritmi sono elevatissimi, le cose nuove da imparare costantemente tante, l’insicurezza sempre in agguato.
Mi è bastato cambiare lavoro per un periodo, in cui mi sono dedicato al cinema, per trovarmi poi a dover recuperare e qui è venuta fuori la sindrome dell’impostore, a domandarmi se ero ancora capace, se ero diventato troppo vecchio, se potevo considerarmi ancora un esperto.
È durata però poco: mi sono reso conto non solo di non aver problemi a recuperare, ma di aver accumulato delle skill e delle esperienze uniche dagli altri lavori, esperienze che ho portato nel mio, con grande profitto.
Cosa posso insegnare in merito? Poco. Se avete una debolezza, rifletteteci sopra e analizzate quanto di cattivo vi porta, e quanto buono può portarvi. Cercate di ridurre il danno del lato cattivo, e di sfruttare il più possibile il buono.
E voi come vi comportate, come gestite, la vostra sindrome dell’impostore?
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