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L’AI non è un demiurgo.

Il pubblico, quando vede i risultati di un AI evoluta come DALL-E o GPT3 si impaurisce o grida al miracolo.

L’AI viene quindi vista non come uno strumento, ma addirittura come un creatore.

Come ho detto spesso le AI attuali sono specialistiche: riescono ad esprimere grandi risultati su settori assolutamente ristretti su cui vengono addestrate con massicce quantità di dati.

Questi risultati possono sorprenderci perché estremamente lontani dalla nostra concezione di intelligenza.

Parlando col mio ospite qui a San Marco Argentano, Luigi Iannoccaro, che ha fatto studi in seminario in passato, mi trovo spesso stimolato dalle discussioni fortificate da percorsi differenti.

Nello stesso modo queste AI specialistiche potranno arricchirci culturalmente, proprio per il loro punto di vista alieno.

Perfino il grande problema, evidenziato dall’AI NLG di Meta più recente, dei bias delle AI, possono insegnarci tanto su noi stessi: quelle cose terribili come l’antisemitismo, il razzismo, il sessismo, che vengono puntualmente fuori nei modelli generazionali, sono un evidente specchio dell’umanità e dei suoi lati oscuri.

Questi scritti che ci lasciano sconvolti, non sono frutto dell’AI: siamo noi nel modo peggiore e lo siamo statisticamente.

I bias delle intelligenze artificiali vengono fuori perché sono frequenti nel campione di addestramento.

Oggi possiamo migliorare le AI perché mostrino meno comportamenti inaccettabili.

Facciamo la stessa cosa con noi e i nostri vicini: avremo un’umanità migliore.

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