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Quando non capisci, fanne una religione

Sembra essere il mantra di molti di noi quando si affacciano alle metodologie correlate alla filosofia Agile, e dopo un po’ ritengono di essere esperti.

Perdere di vista l’umanità in favore di dogmi, riti, e metriche, rende talebani e ciechi.

Agile, non è questo insieme di riti ridicoli: strumenti come il TDD, Scrum o Kanban, il pair programming, sono appunto soltanto attrezzi del mestiere, da usare nei modi e tempi opportuni nel team, da plasmare a seconda delle proprie esigenze.

Le retrospettive, le call quotidiane e ogni rito che avete considerato obbligatorio, non sono che un aspetto dei processi del team: questo processo è la prima cosa su cui dovete sperimentare ogni giorno.

Ogni team è differente, perfino lo stesso team diventa una creatura completamente diversa con ogni cellula che si aggiunge.

I team devono tenere conto anche dell’envinroment: che sia ufficio, Smart, ibrido, remote working, lavoro ad obbiettivi remoto su svariati fusi orari etc.

Nostro compito, e non parlo dei manager, ma di ogni componente del team, è trovare il modo e i processi migliori per essere produttivi e felici.

Sì. Felicità. Sembra una cosa non tecnica, vero?

Non c’è nemmeno una metrica per misurarla.

Eppure un team nel quale uno o più componenti sono infelici non funzionerà bene. Hai voglia a parlare di professionisti, che compiono il proprio lavoro sempre e comunque.

Non esistono.

Cerchiamo quindi insieme di farci forti delle nostre differenze, di strutturare i processi in modo umano, di non badare alla sola tecnica come fosse un feticcio, di adattarci alle esigenze e all’ambiente di tutti.

E se il processo che ne risulterà parrà alieno a qualche integralista, ce ne faremo una ragione.

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