The great resignation è una tendenza USA iniziata nella primavera del 2021: milioni di persone hanno lasciato volontariamente il proprio lavoro, un fenomeno mai accaduto prima.
La pandemia ci ha fatto prendere decisioni mai prese prima, ci ha reso edotti di modi diversi di vivere, di lavorare, di badare agli affetti e alle cose realmente importanti.
La pandemia ci ha fatto sperimentare in massa un modo di lavorare prima considerato di “quelli strani”, quelli come me per intenderci.
Prima di essa molti guardavano con diffidenza il mio rifiutare gli schemi, gli uffici, la sede in via Montenapoleone, l’auto aziendale, il mio south working che allora non si chiamava così era perfino deriso.
Questo fino a poco fa: ora molti pensano al lavoro remoto, o alle proprie grandi dimissioni, a lasciare Milano, chiedono consigli.
Il dubbio tipico dei manager è il solito, quello da vecchia scuola: riuscirò a controllare tutto da una spiaggia in Calabria?
I programmatori invece, temono di non sapersi organizzare, di non sapere lavorare con gli altri in remoto.
I CEO pensano subito ai processi, a come organizzare tutti, militarmente, perché se perdono il controllo dell’azienda che succede?
Dopo anni di ufficio è naturale avere paura: avete però tutti sperimentato un nuovo modo di lavorare, avete smesso di fare un’ora di auto per andare in ufficio, avete smesso di mangiare il Camogli a 10€ con la minerale al bar, avete imparato che potete uscire a fare una commissione e lavorare più tardi se vi è necessario, che potete abbracciare i vostri cari in un momento di sconforto lavorativo, che tutto questo vi piace.
Non dovete rinunciare per paura a queste conquiste: e se qualcuno vi ostacola potete passarci sopra, il lavoro c’è, non siamo più in un mondo in cui occorre sottostare ai ricatti: potete splendere.
Quindi accendetela, la vostra luce.
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