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La paura del remote working

La mia amicizia con Luigi, è iniziata oltre dieci anni fa. Eppure ci siamo conosciuti soltanto l’anno scorso, scoprendo di essere praticamente fratelli. Sapevamo talmente tanto di noi che pareva strano non essersi frequentati tutta la vita.

Ho lavorato con Antonio per anni: poi abbiamo fondato assieme Userbot: ci siamo conosciuti di persona circa un anno dopo che l’azienda era già fiorita.

Il modo di vedere l’amicizia con internet, ha subito una mutazione senza precedenti: i rapporti umani hanno smesso da tempo di interessarsi all’aspetto fisico; si è amici anche se non si va a bere assieme lo spritz ogni weekend.

Quindi perché tutta questa resistenza verso il remote working? Soprattutto per un team di sviluppo è così importante un ufficio fisico?

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people at the beach

Periodo di ferie

“Le ferie le facciamo nelle due settimane intorno a ferragosto.”

Saranno trent’anni che sento dire così, in centinaia di aziende.

Una specie di tradizione quasi inviolabile: ma ha senso?

Il periodo è quello più infausto per qualsiasi genere di vacanza e relax, tutto costa di più, tutto è rallentato dal traffico, tutto più stressante. Spesso un lavoratore con famiglia, nemmeno può permettersele in quelle due settimane d’inferno.

Le “ferie” hanno lo scopo di ricaricarci, fanno bene al corpo e alla mente, aumentano creatività e produttività.

Tutto giusto, ma ora che stiamo ripensando al lavoro in molti termini: remote e smart working, south working, nomadi digitali, metodologie agile, etc. ha senso andare in ferie tutti assieme come se si lavorasse nella fabbrica di Fantozzi?

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