Questo post nasce da una discussione linkedIn sotto ad un post di Antonella Brogi, che ringrazio per il costante lavoro d’ispirazione che fa nei miei confronti a sua insaputa.
Si parlava di normare nel senso più ampio del termine, i rapporti di lavoro tra persone: questione banale direte voi, ma che ha portato ad una discussione molto interessante.
Linko la discussione che può essere illuminante: https://www.linkedin.com/posts/antonella-brogi_labrogi-formazione-coaching-activity-6896334861829758976-iMD8
Salto le parti ironiche e vengo al dunque della mia parte della discussione, come si gestisce un team neonato, in cui i componenti non si conoscono ancora, non hanno esperienza e fiducia dell’altro, non sono nemmeno l’idea di una squadra coesa?
Mi presento al team, intervisto tutti singolarmente, cerco di capire i pregi e i difetti di ognuno, un po’ tirando ad indovinare, un po’ basandomi sull’esperienza e sulle cantonate prese negli anni.
Raduno il team e facciamo un po’ di chiacchiere insieme: chiedo cosa sognano, cerco di capire eventuali affinità tra loro, dove ci sono antipatie e simpatie nascenti.
Inizio poi la parte più strutturata: faccio una specie di Lightning Decision Jam con tutti: tiriamo fuori le “regole non dette” che fanno parte del modus operandi di ognuno di noi.
I primi giorni di lavoro, scateno il caos, facendo fare i compiti altrui una volta a tutti. Io stesso li faccio come in Frontender per un giorno.
È terribile.
In ogni contatto con i componenti del team uso la leva della fiducia e non quella dei processi.
Dialogo con tutti costantemente: cerco di ottenere un rapporto con tutti i componenti del team, di integrarmi per primo nel team, di non forzare amicizie o empatie che non ci sono, ma di favorirle.
Chiedo di adottare la comunicazione eccessiva nei canali: devono dirsi anche le cose che non interessano a nessuno, non trascurerando così quelle di valore.
Scateno i giochi: un giorno alla settimana è fatto di hackaton, quiz, formazione, team working.
I frutti di solito non tardano ad arrivare: la fiducia è un seme che viene rapidamente ricambiato, l’empatia si crea, il team si affiata, diventa una squadra ed inizia a produrre come unico organismo.
O perlomeno, è quello che spero di ottenere col mio lavoro, e spesso succede.