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Non è colpa mia

In questi giorni il maltempo ha colpito un po’ tutta Italia: non so voi ma io non ricordo trombe d’aria di quando ero ragazzino.

Ora questi fenomeni stanno diventando frequenti anche qui: climate change.

Noi dell’ambito informatico tendiamo per natura ad estraniarci dal mondo che ci circonda: assorbiti dal nostro lavoro, con gli occhi sul monitor. Il mondo fuori va in malora, ma non è colpa mia.

Io sono un informatico: mica brucio carbone nelle centrali elettriche, io.

È colpa degli industriali, tipo quelli che producono tutti i giocattoli tecnologici di cui mi circondo.

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No code e RAD

Quando iniziai a programmare, la documentazione come esiste ora era fantascienza.

I linguaggi si studiavano sui libri, nel caso degli home computer mancavano gli strumenti e bisognava perfino realizzarseli da soli.

Il mio primo codice assembler del 6502 fu scritto su un assemblatore scritto in basic Apple da me, perché non riuscivo ad acquistare una copia di Merlin.

In quel periodo pionieristico lo sviluppo software era eroico: ma tutti credevamo che sarebbe durato poco, che sarebbero venuti fuori sistemi per programmare senza codice, accessibili a tutti: “è un lavoro che non può durare”.

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