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La proprietà intellettuale

L’Italia è un paese d’inventori, ma siamo appena decimi nella classifica mondiale: certo un bel piazzamento, ma vista la reputazione fin dai tempi di Leonardo Da Vinci, possiamo fare di meglio.

Chi mi segue è spesso uno “startupparo” della prima ora o recente, o un architetto del software.

Nella nostra categoria di aziende la proprietà intellettuale è uno dei fattori importanti da gestire: se facciamo innovazione, nella pratica, dobbiamo anche dimostrare in un certo senso, che questa innovazione c’è, è tangibile, è diventata un brevetto.

Come in molte attività umane, spesso ci si fascia la testa prima di averla rotta: si pensa che se non sei Nikola Tesla o Edison o Marconi, non hai diritto di brevettare nulla.

Non è così, e i brevetti spesso sono solo delle noiose descrizioni del processo industriale che l’azienda ha depositato come innovativo.

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Il mostro della DAD

Ieri il ministro dell’istruzione tutto tronfio ha detto che non ci sarà più bisogno della Didattica a Distanza, che le scuole d’ora in poi resteranno sempre aperte.

La DAD è stato uno degli incubi della pandemia, strutture informatiche scolastiche e casalinghe del tutto insufficienti, nessun metodo didattico ad hoc, spazi in casa affollati e rumorosi.

L’emergenza è stata gestita un po’ come si poteva, con le competenze disponibili, tranne pochi casi, la lezione frontale classica è passata alla videocall, senza grossi interventi

Si è quindi reso remoto ciò che non poteva esserlo, senza studiare un metodo valido per la Didattica a Distanza.

Si è, secondo me, persa una grande occasione: quella di insegnare a tutta la popolazione di studenti, il metodo agile.

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