Quando il lavoro si fa pesante, spesso sento dire a qualcuno che: “presto accumulerò abbastanza denaro e mi aprirò un chirinquito a meta turistica paradisiaca a caso”
Quel momento per me è arrivato anni fa: non ho avuto bisogno di aprire un chiosco di bibite, ho continuato a svolgere il mio lavoro come prima, ho solo cambiato luogo, e vita.
Oggi, in pandemia, si fa un gran parlare di Smart Working, termine che non mi è mai piaciuto, preferisco chiamarlo diversamente, con termini più specifici a seconda del caso, alcuni hanno iniziato a parlare di South Working, la definizione è semplice, vado a lavorare in un paese in cui la vita costa meno, probabilmente nel sud italia, mi godo le bellezze naturalistiche, il mio lavoro si virtualizza, il lavoro resta a Milano, io no.
La libertà che ci dà l’informatica, sopratutto nel mio mestiere, è infinita in tal senso.
L’iniziativa, in un mondo polarizzato all’estremo (vedi: Polarizzazione) ha naturalmente creato immediatamente due schieramenti a favore e contrari.
Una certa managerialità ottocentesca e con interessi immobiliari nelle città del lavoro, ha fatto opposizione dura, proponendo punizioni pecuniarie e etichettando i lavoratori in remoto come sfaticati, ne ho parlato in I Torquemada del remote working e in La paura del remote working, qui parlerò di quelli a favore, che in un certo senso rappresento da molti anni.
Io, per esempio, ho scelto i dintorni di Catania: una città dotata di aeroporto internazionale, perché non sono diventato un eremita facendo south working, e farò di certo eventi nel resto d’Italia e all’estero; una città il cui hinterland è raggiunto da una buona connettività internet, in fibra ottica; una città che ha diversi co-working a disposizione per riunioni, eventi, incontri. (Segnalo ISOLA nel più bel palazzo di Catania, Palazzo Biscari)
Penso che per lavorare in remoto senza difficoltà queste siano le cose minime necessarie. Inoltre ricordiamoci che lo abbiamo fatto per migliorare la nostra vita: sfruttiamo le bellezze che ci circondano per viverle, anche lavorando. Scrivere codice o gestire un piano di lavorazione ai Giardini Bellini è meglio che a casa, in un sottoscala.
Anche gli strumenti di lavoro vanno migliorati e resi adatti alle proprie esigenze: Il mio ufficio pesa 5Kg.
I detrattori vorrebbero far pagare la “comodità” del South Working al lavoratore: ho già spiegato che semmai i lavoratori in remoto, persone di cui si ha estrema fiducia e che lavorano per risultati, vanno pagati meglio.
I team remoti vanno gestiti diversamente, spesso l’orario può essere inficiato da problemi di abitudini e di fuso orario, occorre trovare più tempo per la costruzione del team e dedicarcisi più attivamente, ne ho parlato in team building in remoto, se gestite un team remoto o ibrido, dovrete tenerne conto, studiare, fare esperienza, migliorare.
E voi che ne pensate? Andrete a lavorare in un posto pieno di bellezza o resterete in ufficio, vista sulla nebbia della Pianura Padana?
One thought on “South Working”