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Centro di gravità permanente

In passato, a lungo, ho affidato le mie brevi riflessioni quotidiane ai social network.

Sui social non si ha necessità di organizzare il pensiero in modo strutturato e questo fa perdere tante “illuminazioni” del proprio modo di essere e di lavorare.

Negli ultimi due mesi ho apprezzato la “scuola” di tenere un blog costantemente aggiornato.

C’è un posto mio, soltanto mio, in cui cerco di dare il meglio di me stesso agli altri. Nessun social può eguagliarlo.

Ieri, incidentalmente, ne ho avuto ulteriore conferma: dopo che una intelligenza artificiale troppo zelante, mi ha allontanato dal social che frequento di più per 24h. Per una battuta facilmente comprensibile ad un essere umano.

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La metafora del percorso

Quando si parla di personalità nei processi di lavoro, si distinguono spesso due categorie:

Gli starter che cominciano nuovi task con entusiasmo, ma poi faticano a concluderli.

La loro controparte, i finisher che amano completare i task ma sono restii a iniziarne di nuovi.

Io appartengo alla prima categoria, ma ho combattuto questa mia inclinazione a lasciare i task sospesi, con un gioco che chiamerò “la metafora del percorso”.

Quando andate verso una destinazione, che sia in vacanza al mare, a far la spesa, in ufficio, non vi domandate mai se completerete quell’attività: nei posti ci si va e basta.

Da questa semplice considerazione nasce un’idea di processo per il lavoro.

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